venerdì 15 febbraio 2013

Il lato oscuro della Luna

Il quinto volume della serie Bonelli "Le Storie" è il punto più alto raggiunto della collana finora. Ad eccezione del numero uno, gli altri tre numeri hanno raccontato storie più d'avventura mentre nel quinto ritroviamo una storia di forte spessore psicologico e con risvolti intimistici con la differenza che, se ne "Il boia di Parigi" era ambientato secoli fa, la storia di Bilotta è ambientata negli anni '60 del XX secolo, rendendo l'identificazione coi personaggi e la società più agevole.

In breve si potrebbe dire che è un viaggio nella memoria di un astronauta, ma la verità è che i livelli di lettura sono molti di più, tanto da arrivare ad un finale che è chiuso, ma che ne lascia aperta l'interpretazione. A me, lo ammetto, piacciono le storie coi buoni finali, ben definiti, che danno solidità a tutta la struttura precedente; in questo caso non abbiamo una chiusura classica, ma piuttosto particolare che però rende molto meglio di una spiegazione data col cucchiaino; insomma, in questo caso si può parlare della classica eccezione. Ma in questo albo tutto è perfetto, non solo il finale. L'alternanza dei ricordi della fanciullezza con quelli della (presunta) realtà danno quel giusto ritmo alla storia, permettendo di entrare ancora di più nell'animo del protagonista.

Bilotta, per l'appunto, è un po' il narratore dell'animo. Lo ha già dimostrato con opere precedenti come "Valter Buio", il cui connubio di nostalgia e malinconia si fondeva magistralmente con la realtà. Ecco, questo è il tratto caratteristico di Bilotta: il fil rouge che collega tutte le sue opere, con il quale mi sento parecchio empatico e di cui anche in questo albo trova la sua massima espressione ed essenza.

Ma per quanto la narrazione sia sublime, essa sarebbe debole se non fosse accompagnata da disegni all'altezza e, per nostra fortuna, è questo il caso. Matteo Mosca disegna delle tavole sublimi, dove alle dettagliate immagini ambientate nello spazio alterna quelle espressive degli anni '40. Su tutti, ho trovato straordinaria la caratterizzazione del padre, pre e post guerra; al contrario, la madre è quasi una figura femminile anonima, che però rispecchia perfettamente la psicologia del personaggio. Ma sono in generale i primi piani che rasentano la perfezione: un intera sequenza di espressioni umane finemente ritratte e immortalate. Come se non bastasse, anche la copertina di De Gennaro è la migliore prodotta finora, tanto che meriterebbe di essere venduta come poster.

In conclusione, la Bonelli è riuscita per l'ennesima volta a fare quello che sa fare meglio: vendere un fumetto di altissima qualità ad un prezzo irrisorio (stiamo parlando di 3.50 €) ed è l'unica azienda al mondo a fare roba del genere. Noi lettori italiani siamo fortunatissimi.


2 commenti:

  1. Ho letto il fumetto ieri sera. Ha una narrazione e una conclusione molto particolare... Alla fine non ho capito se il viaggio del protagonista è solo una sorta di ricerca interiore. Tu come lo interpreti il finale?

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    1. Per me il protagonista non è mai diventato un astronauta. Troppi elementi che lo indicano. Il racconto è agganciato alla Storia, ma nella Storia non è mai avvenuto l'incidente. Poi, guarda caso, gli alieni sono come quelli raffigurati sulla rivista di fantascienza. Forse giusto la scena nella scuola è vera. Per me il protagonista si è portato sulla coscienza la morte del fratello e ad un certo punto è impazzito, mischiando eventi del passato con quelli del futuro.

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