Ruju il noir ce l'ha nel sangue e l'ha già dimostrato nelle sue mini precedenti "Demian" e "Cassidy", ma stavolta, libero dalla serialità, entra ancora di più nel genere, svolgendo un buon lavoro. Buono, non ottimo. Perchè si ha l'impressione che alcune didascalie, ma soprattutto i dialoghi dei comprimari siano un po' troppo finti, da "fumetto" nella sua espressione più caricaturale. Ne sono un esempio i fratelli cubani che iniziano spesso le loro frasi con un'espressione latina. Ma questo è un difetto che Ruju si porta dietro da sempre e in un certo senso fa parte del suo stile. Si potrebbe parlare quasi di "classicità rujuana", e in tal caso spetta al lettore e ai suoi gusti se apprezzare o meno tale stilema. Io personalmente preferirei vedere una maturità linguistica così come è avvenuto con la maturità comportamentale, grazie alla quale adesso i personaggi agiscono da veri duri. Una parabola in ascesa che sono sicuro non terminerà qui.
Passando al versante grafico, Ambrosini decide di usare uno stile più sporco e impreciso, molto adatto alla storia, capace di seguire i momenti didascalici quanto le scene di azione. È sempre un piacere vederlo disegnare e la sua Manuela riesce benissimo nell'ambivalenza schiava\regina, così come il protagonista.
La copertina di Di Gennaro è l'ennesimo tocco di classe a cui ormai ci sta abituando fin troppo bene. Classica e dettagliata, riprende un momento dell'albo molto insignificante ma che rende l'atmosfera di questa storia ambientata nella Los Angeles degli anni '30.
E' vero, la copertina è qualcosa di unico. Mi piace molto, cura i dettagli ed i colori. Non è sempre vero che un libro non si giudica dalla copertina; io per esempio questo lo comprerei soltanto guardando l'involucro! :P
RispondiEliminaE dire che Di Gennaro ha 75 anni e sforna sempre capolavori. Se lo compri poi fammi sapere!
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